Profumo di crostata

By on

Il caldo afoso ha lasciato Firenze in questi giorni. Allora forno acceso – finestre aperte e il fresco del mattino presto che profuma di burro, di frolla. Pronta giusto in tempo per la colazione.
Cerco sempre di rendere i dolci più leggeri (così posso mangiarne di più) ma la frolla, la frolla come dice mia madre va fatta “così”. Allora burro quanto serve: mica puoi centellinare gli abbracci quando ne hai bisogno.
La frolla è una donna un po’ all’antica: poche smancerie, meno la impasti e meglio è. Ma poi, quando nessuno la guarda, esplode di dolcezza: quando ci tuffi dentro la marmellata di pesche fatta l’estate scorsa, ambrata, morbida, zuccherina. Anche lei ha il sapore antico, di casa, perché l’hai fatta tu.
La frolla mi ricorda che a quasi tutto si può porre rimedio, anche alle situazioni più complicate. Basta mettersi lì, con pazienza, e ricomporre i pezzi, se l’impasto non è come lo avresti voluto. Aggiustare si può quasi sempre: il risultato magari non è da libro di cucina ma è squisito, ed è tuo, e questo può bastare. La mangi e sorridi, non sai perché. Ma poi in fondo lo sai.
Un pizzico di sale – perché altrimenti che frolla è? – la ricetta di un’amica che me l’ha concessa dopo molto tempo, come la sua fiducia, come le sue parole. E forse per questo è ancora più speciale: perché mi ricorda che bisogna guadagnarsi tutto, le soddisfazioni, i risultati e anche il cuore delle persone. Specialmente di quelle che hanno un bel pezzo di strada alle spalle, di storie e felicità ma anche di buche, passi falsi, delusioni, rimpianti – segni.
L’ultima crostata prima che l’estate torni a infiammare i pomeriggi e le stanze va celebrata.